GASTON: la nostalgia metropolitana e quella nebbia sottile

Sfumature di Rap, di cemento metropolitano, di Jazz e di Fusion, sumature di pop e di “Cartoline” che al passato tornano per raccontare meglio quello che sta accadendo di dentro. Sfumature: tra nebbie sottili di un pomeriggio invernale e quelle soluzioni digitali che arrivano da una N.Y. notturna di periferia. Malavita e romanticismo. Colori accesi di Gaston e suoni opachi di “Cartoline”.

Un lavoro personale come “Cartoline” arriva ora… perché secondo te? Hai tante ferite dentro o tanta energia per restare in equilibrio?
Nè tante ferite nè tutte queste energie in realtà. Cartoline arriva in un periodo in cui faccio fatica ad accostarmi ed ad ascoltare una musica (quella rap) che pur essendo il mio punto di partenza non riesce più a coinvolgermi a pieno. Mi sembra tutto molto montato e plasticoso, a parte rari casi mi sembra che tutti attingano da un vocabolario comune e che abbiano visto troppi Gomorra/Suburra. Questo modo di fare mi ha stancato un po’, voglio sapere quanto sei vulnerabile e non quanto spacchi. Quindi comincio da me stesso.

Chi è Gaston per davvero? Un ragazzo figlio del rap e dell’hip hop o un cantautore pop di musica leggera? O magari un filo americano amante di una certa Fusion scura di periferia?
Un ragazzo molto fluido, artisticamente figlio di un rapper e di un cantautore. Ma gli orizzonti sono in continua espansione. Mi piacciono le cose che rispondo alle domande che mi sto ponendo in un dato periodo.

Oggi assistiamo sempre di più alla comparsa degli EP: secondo te perché? Il mondo digitale si sta definitivamente imponendo sulla vita quotidiana o torneranno a vincere i vinili?
Il fatto è che nelle nuove auto non ci sono più i lettori cd. E nelle case lo stereo prende polvere. Quindi se devo collezionare preferisco un manufatto come il vinile, se devo ascoltare un sacco di musica diversa ovviamente il digitale. Non voglio generalizzare ma la vedo così. Ho pubblicato un ep perché vorrei un’attenzione più duratura e profonda di quella che si concede ad un singolo, ma nello stesso tempo non troppo impegnativa o dispersiva come quella di cui dovrebbe godere ogni album. Non ci sono i presupposti.

La tua musica nasce dalla strada o alla strada vuole tornare? Solita storia dell’uomo e della gallina…
In strada ho fatto le mie esperienze ma non è la strada di Notorious B.I.G. o di Marracash, per dire. Quando si usa questo termine nel microcosmo rap bisogna stare attenti. Per strada ho imparato a conoscermi perchè è il luogo d’incontro con i coetanei, così come con i “più grandi”. Per strada ho capito chi non ero. La mia musica nasce dall’udito, dalla vista, dalle parole, dal tatto e lì vuole tornare, nei sensi altrui.

E per te oggi la musica che peso sociale ha? Sottofondo per qualcuno che sta facendo serata o può ancora determinare un cambiamento nelle masse?
Entrambi, anche la stessa canzone può avere diverse funzioni e svariati livelli di lettura. La musica nasce da un contesto sociale e su questo esercita i suoi cambiamenti. Gli artisti sono da sempre un incubatore di cambiamenti. Ma non è che mi aspetto che torni un Sessantotto. Certe cose ci sono già state e i cambiamenti di domani sono già nell’aria oggi. Questi meccanismi sono più chiari quando già conclusi, ne riparliamo tra 20 anni.

Ed è veramente bello il video di “Viale del Tramonto”. Come nasce? Buona la prima o è stato provato e riprovato mille volte per riuscire a far sincronizzare i tempi?
Buona la prima no. Non succede quasi mai con i piani sequenza. Anche perché non lo avevamo provato sul “campo” quindi direi giusto il tempo di coordinarci tutti e prendere il passo. Lo abbiamo provato 6 o 7 volte, alla fine neanche tante.

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